testo critico - Vittorio Sgarbi - Franco Giletta

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testo critico - Vittorio Sgarbi

I principi del sogno

All’apparenza, Franco Giletta è un pittore della realtà, un pittore figurativo. Ma, a ben guardare, in lui non prevale l’esistenza delle cose e delle persone ma la loro essenza. Egli dipinge una idea del reale, come nella conservazione dello spirito bizantino.
I suoi ritratti, e anche i suoi soggetti religiosi, affrontati con piena devozione, sono icone. Immobili, congelate, come cere rispetto a figure reali.

Egli non può evitare la realtà, ma la supera, in una necessità prima metafisica che fisica. Così non vediamo persone, cose, ambienti, ma una loro idea platonica, immobile e distante.

Dei pittori del passato egli ha sicuramente guardato con particolare attenzione Beato Angelico, che trasforma la verità e lo spazio di Masaccio in una dimensione astratta, mentale. Dio lo guarda. Ed egli lo sente presente grazie alla fede. Giletta è un uomo di fede. Assolutizza ciò che è relativo e che occasiona, come realtà apparente, le sue immagini. Per questo predilige ritratti, mezze figure, come creazioni solitarie, come scomparti di polittici. Ne esce una visione ieratica, solenne, liturgica.
Ma c’è in lui il desiderio di andare oltre, di comporre, di raccontare, come il Beato mostra nelle sue predelle più vive, narrative e sognanti dei santi immobili ed estatici.
Dei quadri per questa esposizione, infatti, colpisce, per una sottile deviazione surreale, Il Principio del rebus, solo all’apparenza magrittiano, anche con la sovrapposizione del busto della donna con il suo ritratto, in un equivoco visivo.

Nell’ambiente, dominato dai ritratti di solitarie figure secondo la scelta prevalente di Giletta, si avverte qualcosa di inquietante, misterioso, come nei film di Buñuel. Ma non c’è alterazione o deformazione delle realtà, come in Savinio o Dalì, perché Giletta tiene tutto fermo, composto, sigillato, per trasmetterci una sensazione di disagio, di trattenuto conflitto, che evoca una tensione psicologica, una distanza, una incomunicabilità fra i personaggi.
Anche il cane è immobile, come una natura morta. E la realtà apparente nasconde un mistero. Su questa strada, che aveva battuto anche Domenico Gnoli, Giletta, pittore solitario e di solitudini, mostra, pur nella tradizione e nella conservazione dello stile, una imprevista originalità. E inizia a scongelarsi.

Vittorio Sgarbi

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